13 Ottobre 2009
E’ proprio vero che le giornate durano secoli.
Quante cose abbiamo fatto oggi? Peccato per il tempo!!! Troppo freddo.
Per iniziare, dopo una buona colazione a base di latte brasiliano e pane di mais, ci siamo preparati per andare a Sao Paulo. Peccato che ogni volta che stavamo per uscire ci accorgevamo che mancava una cosa e abbiamo fatto avanti e indietro per venti minuti. Per fortuna gli autobus qui sono frequenti. Prossima fermata: Turcuruvì.
La prima volta su un autobus brasiliano non si scorda mai. Gli Onibus (autobus in portoghese) corrono e sorpassano senza pietà se poi per strada qui è pieno di dossi di cemento alti 60 cm si vola anche.
Ne esistono di due tipi qui a San Paolo. Quelli blu grossi simili a quelli europei, e poi ci sono quelli più piccolini tipo furgoncino con la porta scorrevole. Il cobrador è il nostro controllore e direttamente ti vende i biglietti ma non ha solo questo ruolo. Il combrador negli onibus piccoli è l’addetto all’apertura dello sportello in corsa annunciando urlando le fermate anche per chi è alla fermata già a distanza di 100 metri. Un’esperienza indimenticabile appunto!
Lungo la strada lasciavo i miei occhi vagare per i vicoli grigi di Guarulhos. Salite ripidissime e curve strette ci hanno fatto vivere piccoli istanti di paura, e spesso ho pensato: “Ora l’autobus si rovescia”.
A fine corsa scoprimmo di essere tutti interi e abbiamo iniziato il giro in metro. Tra l’altro la preferisco a quella di Roma. Soprattutto per la gentilezza della gente.
Dopo una breve visita alla Cattedrale, sempre sulla piazza della stessa, ci siamo incontrati con Josè, la nostra guida occasionale. Persona gentilissima e allegra. Grazie alla nostra tutor per avercelo presentato.
Sao Paolo mi è piaciuta, ma nonostante i colori e i contrasti tra la natureza e i grattacieli, cerco ancora questi famosi colori che tutti mi dicono del Brasile. Ho notato confusione, molta di più che stare a Ballarò. Come al mercato dell’oggettistica per l’artigianato in praça de la Republica, oppure lungo il ponte e in particolare in rua 25 de Março un vero tempio per il fai da te. Molti palazzi non sono ben intonacati. Altri invece sono ben definiti da colori sgargianti. Purtroppo c’è tanta povertà e palazzi fatiscenti.
Ho capito perché le donne brasiliane sono famose per il loro fondo schiena, tutto è dovuto per le salite ripide nelle loro città e camminando a piedi è un ottimo esercizio fisico per i glutei! Dopo un pranzetto con panini tipici abbiamo continuato a camminare per la città fino a Libertade dove ci siamo salutati con la nostra guida, con la promessa di incontrarci un’altra volta magari per andare a ballare con i suoi amici la samba.
Dopo una piccola visita al quartiere giapponese siamo rientrati a Guarulhos, intenzionati a finire di trovare le cose che più ci interessavano. Purtroppo non abbiamo trovato un adattatore per le nostre prese.
Quando siamo tornati in struttura, ci siamo un po’ rilassati. La lentezza dei brasiliani mi fa un po’ paura.
Abbiamo tentato di fare un bucato senza danni. Però Suor Ma. tra tante istruzioni ha dimenticato di avvisarci su un piccolo particolare.
Ora mi spiego. Il bucato lo fanno in due apparecchi. Uno per l’ammollo, e l’altro per il risciacquo e la centrifuga. Quello che ha omesso è che conservano l’acqua del risciacquo per pulire la scuola, in un contenitore che già era trasbordante. Così dopo cena, quando siamo andati a riprendere i panni per stenderli, ci siamo ritrovati in una nuova Venezia. Mentre Angelo salvava la lattuga che stava a terra, io venivo ad avvisarvi. Ero davvero preoccupata, invece Suor Ma. del Nicaragua si è fatta una risata. Un’altra lezione: Se il “danno” è fatto, perché essere arrabbiati??? Basta. Si fa una risata e si va avanti.
Quindi ci siamo messi a togliere l’acqua e successivamente a stendere i panni nel terrazzo. Per ora mi concentro molto sulla sintonia con Angelo. Conoscerlo è un altro pezzetto di questa avventura. Decisamente Angelo è la persona più surreale che io abbia mai conosciuto. Stiamo iniziando ad osservarci come due fratelli che si guardano le spalle.
Mi ha confidato che spera di trovare un’altra sistemazione, io per ora non mi trovo male, però se lui già capisce che non è il caso di rimanere un anno dalle suore, vedremo di capire se c’è una soluzione utile.
Domani andremo per la prima volta in favela. Ho già i brividi. Un milione di dubbi e paure. Sarò all’altezza? Imparerò in fretta il portoghese? I bambini mi vorranno bene?